Testimonianza di Stefania, 59 anni, coniugata, un figlia, operata a 57 di carcinoma duttale in situ.
“Un lento scivolare nel buio, poi un precipitare improvviso nel vuoto, con la certezza che il mio corpo si sarebbe schiantato su di un lastricato. Così è stato, in tutta lucidità. Pochi attimi, ma una sensazione indescrivibile, terribile, intensa. Poi un momento di vuoto, di nulla, seguito da un improvviso risveglio che mi vede adagiata su di un morbido materasso sistemato nel bel mezzo di una strada, in un paesaggio a me famigliare.
Consapevole e pervasa da un immenso benessere, non ho domande, né dubbi, né pensieri. Mi sento libera, rinata alla vita stessa. Il passato è in un’altra dimensione, il futuro e il presente sembrano fondersi”.
Un sogno lucido, indelebile e con chiari significati, che non mi lasciò turbamenti, anche perché quel tipo di “risveglio” era rassicurante. D’altro canto ero consapevole che dietro l’angolo avrei potuto imbattermi in qualcosa di non proprio simpatico, ma che comunque mi offriva un risvolto positivo; avrebbe anche potuto trattarsi di un’evoluzione interiore, ma poiché prima del verificarsi delle circostanze è pressoché impossibile interpretare i sogni, collocai il sogno in “standby”.
Trascorse qualche anno e il ricordo di quel sogno emerse in modo prepotente, intatto, e questa volta con la rivelazione del suo significato. Da un normale controllo mammografico, al quale mi ero sottoposta, si distingueva una macchiolina anomala, identificata in seguito come tumore. Durante questo esame, sin dal primo momento, quando ancora non vi erano gli elementi necessari per poter pensare al peggio, il mio raffinato intuito percepiva in modo netto e chiaro il pensiero di chi mi stava esaminando. Avvertivo un vuoto tremendo allo stomaco ed era come cadere in un pozzo nero, senza sapere come e quando avrei toccato il fondo. Ero estremamente lucida e il fatto che la mia mente non mi offrisse più raggiri ingenui, mi inquietava.
Presagivo che i miei giorni da quel momento avrebbero potuto prendere tutt’altra direzione; ogni certezza si frantumava e al contempo mi rendevo conto dell’impermanenza della “mia” vita. Avevo già affrontato dei lutti, il più importante quello della mia bambina deceduta nel suo primo anno di vita e che ogni giorno serenamente mi accompagna, ma in questa circostanza mi sentivo completamente disarmata.
Dapprima fu un susseguirsi di esami e di ipotesi, accompagnati dalla mia insistenza e dalla mia fermezza nell’evitare rimandi nel tempo. Si procedette per gradi: la punzione, poi l’intervento ambulatoriale dove mi è stato tolto il tumore, ed in seguito l’operazione per asportare parte del tessuto che circondava il nocciolo. Sono stati giorni difficili, come se degli alieni mi avessero rapita e dopo aver fatto tutti i loro esperimenti, mi avessero riportata nuovamente sulla terra, una pianeta che però non mi era più famigliare. Avevo perso un pezzo di vita e dovevo riorientarmi, la mia vecchia bussola non c’era più.
Mio marito mi ha seguita e accompagnata mano nella mano fin dai primi momenti, dimostrandomi tutto il suo affetto, la sua vicinanza, e disbrigandosi in modo concreto in ogni lavoro, sin nelle piccole cose. Il mio compagno, con la sua forza interiore e la sua delicata sensibilità, è stato per me un punto di riferimento importante e non mi ha mai fatto sentire sola. Lui per primo si é documentato leggendo attentamente tutti gli opuscoli informativi che si trovano nelle salette d’attesa dei vari reparti di oncologia e radioterapia, incoraggiandomi a leggerli. In un primo tempo non volevo, ma poi mi sono ricreduta, trovando in essi validi suggerimenti, spunti e soprattutto incoraggiamento.
La vicinanza e l’affetto di mia figlia, sono stati importanti, e con la sua esuberanza, la sua solarità e la sua forza di vita mi ha saputo infondere tantissima energia e fiducia. Mia madre, ultraottantenne, grazie alla sua saggezza, ha saputo trasmettermi uno sguardo positivo verso il futuro, calma e serenità. Sono figlia unica, ma i parenti più stretti, nonostante lontani, si sono adoperati in tutti i modi per farmi sentire tutto il calore e il sostegno della famiglia.
Non ho nascosto il mio momento difficile, ho cercato discretamente vicinanza, ma senza drammatizzare. Le amiche più intime si sono dimostrate eccezionali, trasmettendomi il meglio della loro essenza. Qualcuno si è tenuto in disparte, discreto, ma non ho avuto delusioni, poiché è dal grado e dal tipo di amicizia che ne corrisponde la risposta.
L’impatto con il reparto oncologico e di radioterapia che per me erano tabù, è stato “morbido”, soprattutto per il fatto che ho incontrato persone che mi hanno saputa ascoltare con il cuore. Nondimeno dimenticherò l’incontro con due giovani stagiste alle quali, durante una breve intervista, ho potuto raccontare dell’intensità di quel momento, la mia delusione, il mio dispiacere, evitando però di suscitare in loro sgomento. Ricordo con quanta attenzione mi hanno ascoltata e quando mi fu chiesto da chi volevo essere accompagnata in sala operatoria, chiesi proprio di loro.
Non tralascio poi di rammentare l’infermiera di collegamento, quell’angelo custode che ci segue per tutto il percorso con presenza discreta ma rassicurante.
Quanto accaduto è stato per me un forte choc emotivo, minore quello fisico.
Si è trattato di una vera e propria catarsi, una terapia esistenziale, un’esperienza rivelatrice che mi ha portata a vivere il presente in modo intenso, anche con entusiasmo. Dopo esperienze di questo genere, emerge il desiderio di cambiamenti significativi, di costruire una vita autentica che si impegna nel rapporto con l’altro, che abbia senso e che veda la realizzazione di se stessi.
Toccare con mano l’impermanenza della vita, induce ad affrontarla in maniera più ricca. Aumenta la fiducia nell’altro, insorge un maggiore desiderio di rischiare ed una minore apprensione di essere rifiutati, emerge la “coscienza di esistere”. Si raffina la partecipazione alla sofferenza dell’altro e si impara a comunicare col cuore, anche attraverso il silenzio.
La rielaborazione del mio accaduto procede inconsapevolmente; si frantumano ansie, preconcetti e vecchi timori (anche se ne insorgono altri, ma in minor misura). Dentro mi é rimasta una grande calma ed un nuovo equilibrio, né peggiore, né migliore rispetto a quello di prima, ma del tutto diverso.
Ho raffinato i mezzi di emergenza a cui ricorrere in caso di tempesta, e questo grazie all’aiuto del medico che mi ha affiancata, affrontando in modo discreto, con pacata serenità e senza nascondimenti, temi delicati come la morte.
Ho scoperto sentimenti nuovi, una solidarietà mai provata.
Ringrazio tutti quelli che mi hanno accompagnata in questo tratto di strada, ai quali, con gratitudine e riconoscenza, rivolgo un pensiero:
Amicizia
L’amicizia è vento fresco
è profumo che alleggerisce l’anima
è luce che dirada il buio
quando a volte, col soffoco al cuore,
ci troviamo su di un tratto
di strada adombrata.
Testo raccolto da Désirée Della Volta, giornalista, 30 settembre 2013