“Da quel momento sono stata costretta a prendere decisioni tremende e terrorizzanti. Il mio equilibrio psicofisico stava perdendo razionalità e avevo la percezione che la mia vita stesse gradualmente, di giorno in giorno, scivolandomi di mano.
Continuavo a pormi sempre la stessa domanda: “perché?”. Perché in giovane età confrontarmi con un male che mi limitava, o azzerava, la possibilità di vivere una nuova maternità?
Per tutto il periodo mi sono sentita un leone affamato per la vita e arrabbiato per la grande ingiustizia. Il destino mi riservava un altro percorso in salita e pieno di difficoltà.” (Patrizia)
“Perché a me?”, “Perché ora?”, “Cosa ho fatto per meritarmi questo?” sono domande legittime e solitamente presenti nelle prime fasi dell’incontro con la malattia.
A volte la paziente nega di aver provato rabbia e appare sorpresa se qualcuno la manifesta. In un secondo tempo diventa solitamente più semplice esplicitarla e confrontarsi anche con questa emozione, non sempre ben tollerata.
Testo redatto da Gabriella Bianchi Micheli, Psicoterapeuta e Psiconcologa FSP
Ultima revisione – febbrario 2017