La paura della recidiva di malattia è spesso presente nel vissuto della donna durante tutto il percorso di cura e di remissione. L’ansia, che precede i controlli medici, ne accentua i timori e le preoccupazioni.
Confrontata con la diagnosi di ripresa della malattia, la paziente si ritrova con emozioni simili a quelle provate al momento della diagnosi di malattia (tristezza, ansia, paura, problemi di concentrazione, insonnia, rabbia, incertezza, angoscia di morte) accompagnate dalla delusione per il crollo delle speranze riposte nelle cure, rabbia verso il proprio corpo e, a volte, verso i medici o gli infermieri.
Un nuovo adattamento s’impone per la donna e i suoi familiari. La ricerca iniziale di una causa e di un senso per ciò che sta avvenendo fa spazio al bisogno di investire in un nuovo percorso di cura e speranza. Non di rado, si cercano anche cure complementari o si consulta uno specialista per un secondo parere, prima di intraprendere nuovi trattamenti.
Resta fondamentale darsi tempo per ritrovare la fiducia in sé stessi e nei propri curanti per iniziare un nuovo percorso di presa a carico della malattia.
Come è difficile immaginare il proprio tipo di reazione ad un’eventuale diagnosi tumorale quando si sta bene, altrettanto difficile è ipotizzare la propria reazione ad una diagnosi di recidiva. Spesso, al termine dei trattamenti, le pazienti dicono che per nulla al mondo ripercorrerrebbero questa via, troppo faticosa sul piano fisico e psicologico, mentre generalmente, al momento della recidiva, si constata un’attitudine di richiesta e accettazione delle proposte terapeutiche, che sono sempre più innovative e diversificate.
Dal punto di vista psicologico, questa è la fase a maggior rischio di patologia psichica di tipo ansioso o depressivo, e necessita ascolto e sostegno da parte del personale curante. Un aiuto psicologico può essere utile, nei primi tempi anche a livello farmacologico per ridurre le difficoltà legate al sonno, all’ansia e alla tristezza.
Generalmente si ritrova rapidamente un nuovo equilibrio, soprattutto se non ci si isola e si permette ad amici, familiari e personale curante di tendere una mano.
Testo redatto da Gabriella Bianchi Micheli, Psicoterapeuta e Psiconcologa FSP
Ultima revisione – febbraio 2017