“Un’esperienza di questo genere ti cambia; molte cicatrici lasciano il segno.

Devo però ammettere che è stato l‘anno più proficuo di tutta la mia vita. Ho imparato a gestire le emozioni e a essere più razionale in situazioni futili. Quando si cade bisogna sempre cercare di rialzarsi e avere fiducia e armonia con noi stessi.

Preferisco ricordare i momenti di forza, la vicinanza e la dolcezza dei miei parenti e amici, le risate per una parrucca messa male, gli acquisti frenetici e la grande voglia di vivere che hanno fatto di me una persona diversa”. (Patrizia)

Convivere, accettare ed integrare l’esperienza di malattia nella propria storia di vita non solo è possibile ma, per la maggior parte delle persone, rappresenta un’occasione di cambiamento e crescita personale. Si tratta di ripercorrere ed accettare il percorso svolto, immaginando le svolte e i cambiamenti verso un futuro, dove i propri desideri siano maggiormente in evidenza.

“Finite le cure è calata la notte. Il mio corpo era molto stanco. Mi sembrava di precipitare in un vortice. Poi, finalmente ho cominciato a piangere. Ogni lacrima ha lavato il mio dolore, sciogliendolo e portandolo via.

Così ora posso raccontare la seconda parte di questa storia, che parla di liberazione, del miracolo della vita, che è ritornata prepotente in me, della guarigione di tante ferite.

Ho imparato ad essere egoista, a pensare a me prima di tutto, a credere nei miei pensieri e nei miei gesti.

Per la prima volta in vita mia mi sento una persona normale. Sono grata alla malattia perché mi ha ridato la vita, un’altra vita, più piena, più vera, più semplice, più mia. Mi ha dato la consapevolezza di quanto valgo, mi ha aperto gli occhi su di me. Partendo da ciò tutto è cambiato e ho trovato un nuovo equilibrio”. (Elena)

Parlare di egoismo introduce spesso una connotazione negativa, sbagliata e riprovevole. Niente di più errato. Solo quando ritroviamo una pace ed un equilibrio interno, possiamo occuparci di noi stessi e dei nostri cari con la giusta attenzione.

 

Testo redatto da Gabriella Bianchi Micheli, Psicoterapeuta e Psiconcologa FSP

Ultima revisione – febbraio 2017