Testimonianza di Sabine, infermiera di 48 anni, sposata, mamma di un bambino, operata di carcinoma mammario duttale invasivo a 42 anni.

Una delle emozioni più grandi vissute nel corso della sua malattia? Raggiungere la vetta del Breithorn a 4.126 metri di altezza…

“Avevo giurato a me stessa che ce l’avrei fatta, in fondo stavo anche provando a sconfiggere il cancro.
E poi un’ amica mi aveva detto che era un ‘4000’ facile..! ”.

Un panorama da togliere il respiro, la vicinanza di persone con lo stesso problema, 85 donne di nazionalità diverse: una medicina formidabile, la sua autostima che sale alle stelle… .

Ricordo ancora le lacrime di gioia che mi si congelavano sulle guance – c’erano 15° sotto zero! – mentre guardavo le cime innevate delle montagne spuntare su dalle nuvole nel cielo blu di settembre.”

Sabine, infermiera, aria sbarazzina, ci sorprende nel raccontare, col sorriso sulle labbra, di questa e di tutte le altre esperienze vissute nel corso di quel suo quarantaduesimo anno.
A partire da quando, con il marito, alcuni parenti e il suo bimbo di 6 anni si apprestava a festeggiare il Natale…

 ”Mi accorsi di avere un  nodulo al seno.
Come infermiera avevo avuto a che fare con malati oncologici e per un attimo pensai di essere spacciata. Avevo cambiato lavoro da poco e appena finito di ristrutturare casa…
Pensai alla mia famiglia… Telefonai alla mia ginecologa che mi ricevette subito. Il suo sguardo nel visitarmi fu più eloquente di qualsiasi discorso.
Mi sottopose immediatamente a degli accertamenti.
La pregai di comunicarmi l’esito della biopsia, anche per telefono, prima possibile. Purtroppo lo fece…
Il verdetto fu di carcinoma mammario duttale invasivo.
Per un attimo pensai non fosse possibile capitasse proprio a me: da operatrice sanitaria ora diventavo paziente… “

Sabine non intende rovinare l’atmosfera magica del Natale che per la sua famiglia, e soprattutto per il suo bambino, è davvero magica, con i suoi rituali, i biscotti fatti in casa, i regali e tanti  momenti di gioia.
Informa il marito e le amiche più care solo a gennaio, quasi alla vigilia di un intervento di quadrantectomia.

“Cercai di convincermi che in fondo era come prendermi un piccolo periodo di vacanza. Ai colleghi, per giustificare la mia assenza dal lavoro, dissi di avere una cisti al seno.
In effetti speravo che la malattia potesse essere in una fase iniziale senza dovermi sottoporre a cure invasive“.

Sabine cerca di essere il più razionale possibile, evitando di fare dell’allarmismo prima del tempo.
In seguito si consulterà però con un amico psichiatra su come informare Alessandro, che allora aveva 6 anni.

“Lo feci nel modo più naturale possibile e lui capì.
Fu solo prima dell’intervento di mastectomia, quando dovetti metterlo al corrente che mi avrebbero tolto un seno, che per un po’ sembrò distaccato.  Scoprii che un amico gli aveva detto che le persone con un grande taglio sul petto erano inevitabilmente destinate a morire. Stava soffrendo. Gli dissi che il suo amico vedeva troppe storie brutte in televisione e che sarei guarita. Si tranquillizzò. In quel periodo fu felice di avermi più accanto dato che ero a casa dal lavoro e con molto tempo a disposizione per lui“.

In seguito Sabine, a causa delle cure, comincia a perdere i capelli. Decide così di rasarsi la testa, suscitando l’ilarità dei compagni di scuola di Alessandro e la curiosità della gente:

“Non sempre sopportavo la parrucca, mi prudeva la testa… risolsi il problema indossando foulard e cappelli, pensai che tutto sommato mi donavano… ! ”

Oramai anche nella piccola comunità dove risiede, la notizia della sua malattia comincia a diffondersi:

“Non avevo detto niente a nessuno per proteggere la mia famiglia, la cosa buffa era che dovevo essere io a consolare tutti e che spesso nel confermare ad amici e conoscenti che avevo il cancro, la domanda che mi ponevo, specialmente di fronte a persone molto sensibili, era: come reagiranno alla notizia?! ”

Sabine apprezzerà molto nel corso di quel difficile anno la vicinanza degli amici e dei colleghi, al punto da confessare con un sorriso.

“Paradossalmente in quel periodo me la sono goduta. Ho capito quanto tutti mi volevano bene e mi sono lasciata coccolare. Eppure all’inizio mi ero quasi messa una specie di ‘corazza’ protettiva…  Oggi a chi è nella mia situazione di allora suggerisco di lasciarsi un po’ andare con le persone più care… “

I momenti difficili in effetti sono stati molti.
Oltre che per Alessandro, che frequenta il primo anno di scuola, Sabine è preoccupata per l’assenza dal lavoro.
Poi si trova di fronte alla prospettiva della mastectomia, che però avrebbe potuto salvarle la vita.

“Decisi di utilizzare tutte le mie energie per guarire; niente ricostruzione del seno, almeno per il momento.
Affrontai un’estate caldissima fatta di cure pesanti, nausee, stanchezza, di notti insonni trascorse pensando all’incertezza della prognosi… Ma anche di speranza… “

Prega il marito di non rinunciare alle vacanze e di portare il bambino al mare.
Paolo ha sofferto tantissimo per la malattia della moglie e ancora soffre non sapendo cosa le riserverà il futuro.
Si è sempre sentito impotente di fronte ad un certo atteggiamento di chiusura da parte di Sabine.

“Gli psicologi – racconta – “ mi dicevano che era una reazione normale da parte di certi pazienti, ma io mi sentivo inutile oltre che molto addolorato“.

Per Sabine dunque niente vacanze, niente sole e niente bagni, ma tanti pomeriggi a letto in  compagnia di un ventilatore per ripararsi dal caldo.
Ricorda ancora quel giorno di Ferragosto in cui aspettò il tramonto per uscire e festeggiarlo a modo suo, malgrado tutto, con una solitaria passeggiata sul lungolago…
A settembre Sabine sta meglio. Una piccola vacanza con il marito e gli amici segneranno un decisivo ritorno alla normalità e ad un affiatamento che sembrava perduto.
Nel frattempo Paolo però è andato in cassa integrazione (successivamente perderà il lavoro), e dovranno rimboccarsi le maniche per tirare avanti con un solo stipendio ridotto dell’80%.

“Quasi una forma di punizione per il fatto di essere malata, niente più scuola privata per Alessandro, niente svaghi. Cercavamo di risparmiare in tutti i modi.
Completate le cure dopo un anno dall’esordio della malattia, i medici mi dissero che avrei potuto ricominciare a lavorare perché ero guarita, ma io mi sentivo a pezzi.
I farmaci mi avevano indotto la menopausa con tutti gli inconvenienti ad essa correlati, le vampate notturne, il senso di stanchezza, permanente, problemi di concentrazione, oltre ad un calo del desiderio sessuale…”

Dopo una sua piccola battaglia personale fatta di consulti diversi, ricoveri e visite, Sabine ottiene finalmente il riconoscimento di invalidità parziale, che servirà a compensare la mancanza di uno stipendio normale e le permetterà di avere più tempo per prendersi cura di se stessa.
Riprende così a lavorare a tempo ridotto con mansioni che valorizzano le sue capacità e la sua ventennale esperienza di infermiera.
Oggi guarda ancora alla vita con l’ottimismo di sempre, cercando di non voltarsi mai indietro.

”La malattia ha cambiato il mio modo di vivere, sono cambiate le mie priorità, scopro ogni giorno la gioia nelle piccole cose, mi immergo nella natura”.

In famiglia ora l’atmosfera è più distesa e la comunicazione è migliorata, anche se Paolo, che le vuole un bene dell’anima, vive con la paura che possa ammalarsi di nuovo.

“Forse sono anche una mamma migliore per Alessandro che sta crescendo. E per dare un senso all’esperienza che ho vissuto mi dedico al volontariato presso un centro senologico“.

E grazie ad un gruppo di  amici che tempo fa hanno organizzato una “Cordata della Solidarietà” in montagna (per sensibilizzare gente comune e istituzioni sul problema del cancro al seno in donne giovani), Sabine è anche riuscita a toccare il cielo con un dito,

“ un emozione mai provata…! ”

 

Testo elaborato da Désirée Della Volta, giornalista, 30 settembre 2013