Testimonianza di Alessandra, 52 anni, un compagno, niente figli, carcinoma duttale.
Dicembre 2011, consueta mammografia. Un po’ di agitazione ma nulla di più. Poi la telefonata della mia ginecologa: “ci sono delle microcalcificazioni, è meglio fare una biopsia”. 12 dicembre, biopsia. 18 dicembre, appuntamento con la ginecologa. Sono entrata. Da come mi ha guardata ho subito capito che qualcosa non andava: “sono cellule precancerose, meglio pulire il tessuto attorno al prelievo. Quando vuole, non c’è fretta”. Precancerose…la prima volta che ho pianto. Quando facciamo l’intervento? Che domande…subito! Appuntamento con il chirurgo previsto il 9 gennaio 2012. Non è stato un Natale sereno. L’unica persona al corrente era il mio compagno. A mia mamma l’ho detto il 31 dicembre. A mio fratello dopo il rientro dalle vacanze, in gennaio. Il 9 gennaio sono entrata in ospedale, il 10 sono stata operata. Tutto bene, tutti tranquilli, sembrava tutto nella norma. Il 18 controllo dal chirurgo e controllo della ferita: “Siediti, ora ti spiego”, le sue parole. Ho capito immediatamente che qualcosa non andava: “Il patologo ha trovato un piccolo tumore, meno di un millimetro, dobbiamo pertanto togliere la ghiandola-sentinella. Stai tranquilla, non ci sarà niente di preoccupante”. Tumore. Linfonodo. Stai tranquilla. La sensazione era di avere ricevuto un pugno, uno di quelli che stendono il pugile sul ring e l’arbitro comincia a contare uno, due, tre… “Quando facciamo l’intervento?” Che domande…subito! Sono uscita dal suo studio e ho pianto, per la seconda volta. Un tumore è un tumore, non è importante quanto è grande. Il mio compagno, al quale ho subito telefonato, mi ha consigliato di stare tranquilla e di fare qualcosa di bello. Sono andata in un negozio, ho comperato un bel vestito poi sono andata in pasticceria; cappuccino e due cannoncini mi hanno addolcito la giornata. Da quel momento ho deciso che avrei lottato, come una tigre. Ho organizzato la mia sostituzione sul lavoro e ho affrontato ciò che mi aspettava. Il 23 gennaio ho tolto il linfonodo, era pulito. Dopo due giorni sono rientrata a casa. Ancora non sapevo cosa mi aspettava anche se avevano accennato alla radioterapia. Io, amante della tecnologia, non sono andata a cercare informazioni. Mi sono affidata ai miei medici di cui ho sempre avuto fiducia. Ho incontrato l’oncologa e la radioterapista e ho iniziato il mio percorso di cure. Ho deciso che ogni giorno avrei fatto qualcosa di bello. Sei settimane di raggi, ogni giorno, cinque giorni la settimana, alla stessa ora. Ogni giorno col sorriso. Ogni giorno un piccolo regalo: un pranzo con un’amica, il parrucchiere, un rossetto, un libro… E sono arrivata a pensare che questo imprevisto fosse un regalo che la vita mi faceva. Grande lavoratrice, sempre prima il dovere, ho deciso di cambiare. Per quattro mesi ho pensato solo a me, come dice un amico spagnolo: “primero yo, segundo yo y tercero yo”.Ho avuto accanto un compagno comprensivo, dolce e amorevole, dei familiari speciali e delle amiche “sorelle”. È stato un periodo intenso, ma speciale. Mi sono considerata da subito guarita. Il mio tumore era da subito “il mio ex-tumore”.
Un bel regalo. Beh, in gennaio mi pareva uno di quei regali per i quali, educatamente, ringrazi ma in realtà non sai che fartene. Un anno dopo so che è stato un grande regalo. Ho imparato a pensare più a me. Ho fatto pulizia tra gli amici allontanando chi voleva sapere solo per curiosità. Ho rivisto il mio percorso lavorativo e operato delle scelte. Ho ripreso in mano la mia vita. E ho anche scoperto di essere resiliente…! Ho cioè ripreso tutta la mia bella energia e…di più. Sono sempre ho sempre voglia di fare, di imparare, di approfondire, di viaggiare. Non è stato un regalo meraviglioso?Testo raccolto da Désirée Della Volta, giornalista, 30 settembre 2013